Laghetto di Piodella

IN VAL PIODELLA: ALPE PIODELLA, FORCELLA DI STREM, PIZZO GANDAIOLE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cappella Donadivo-Alpe Orlo-Alpe Valle di Sotto e di Sopra-Alpe Lavorerio
4 h e 30 min.
1250
E
Cappella Donadivo-Alpe Orlo-Alpe Valle di Sotto e di Sopra-Alpe Piodella-Forcella di Piodella-Pizzo Gandaiole
6 h
1720
EE
Cappella Donadivo-Alpe Orlo-Alpe Valle di Sotto e di Sopra-Alpe Lavorerio-Sella di Piodella-Forcella di Strem
6 h
1620
E
SINTESI. Acquistato il pass di transito a Gordona, saliamo sulla carrozzabile per la Val Bodengo fino a Donadivo (m. 737). Parcheggiamo qui e saliamo sulla larga mulattiera fino all'alpe Orlo (m. 1165). Qui, ad un bivio, prendiamo a sinistra (indicazioni per la Val Piodella), seguendo un sentiero che si abbassa per un centinario di metri e, superato un ponte, porta all'alpe Valle di Sotto. Qui ignoriamo un secondo ponte e proseguiamo stando sul latod estro (per chi sale) della valle, salendo all'Alpe Valle di Sopra (m. 1486). proseguiamo diritti su un sentiero che supera un gradino di soglia e ci porta all'alta Val Piodella. Ad un nuovo bivio scegliamo se scendere a sinistra (ponte) alle baite dell'alpe Lavorerio, con rifugio non gestito (m. 1862) oppure proseguire diritti salendo all'ampio circo terminale della valle, dove troviamo le baite dell'alpe Piodella (m. 2045). Su un masso troviamo le indicazioni del bivio Strem-Avert ed andiamo a sinistra salendo su debole traccia in direzione della massima depressione della testata della valle. raggiungiamo così il laghetto di Piodella (m. 2202). Lo lasciamo alle spalle e per facili balze saliamo alla vicina bocchetta di Piodella (m. 2271), che si affaccia all'alta Valle di Strem. Di qui possiamo scendere di pochi metri e traversare a destra, su pietraia, alla forcola di Strem (m. 2296), che si affaccia sull'elvetica Val Gamba. dalla bocchetta della Forcola possiamo anche, restando in val Piodella, puntare a destra e salire (anche abbassandoci un po' per evitare qualche ripido passaggio) al crinale, che seguiamo poi fino alla cima del Pizzo Gandaiole, o Piodella (m. 2396).

Fra le due più famose valli alle quali si accede da Gordona, la val Bodengo e la val Fontana, è posta la val Piodella, che si raccomanda come meta per quegli escursionisti che amino gli orizzonti della solitudine. Stupirà quindi sapere che proprio qui si trova l'unico rifugio della zona, che deve la sua esistenza alla disponibilità del comune di Gordona ed all'opera di un gruppo di volontari che ha lavorato per renderlo agibile per gli escursionisti che volessero farne la base di partenza per traversate di un certo respiro.
Ma vediamo come arrivarci. Gordona è facilmente raggiungibile dalla SS 36 della Valchiavenna. Usciti dalla seconda galleria, a Novate Mezzola, percorriamo, in direzione di Chiavenna, circa 11 chilometri; dopo san Cassiano troveremo, sulla sinistra, la deviazione per Gordona. Raggiunto il paese, dobbiamo scegliere se percorrere la strada interamente a piedi (ed è una bella tirata), o se guadagnare circa trecento metri acquistando il permesso di transito sulla strada per la val Bodengo. Visto l'importante sviluppo dell'escursione, conviene decisamente salire in automobile.
In questo secondo caso, percorsi tre chilometri, ci ritroviamo alla località Donadivo (m. 737), dove lasciamo l'automobile per salire su una mulattiera (un piccolo gioiello) che parte in corrispondenza di una fontanella di legno e accanto ad una pista sterrata.
Non si tratta però di una mulattiera qualsiasi. Si tratta infatti di un pezzo della lunga mulattiera che da Gordona sale all'alpe Cermine, fra le più belle in Valchiavenna. Si tratta della cosiddetta mulattiera del benefattore (la denominazione locale è "strèda de scèrman", cioè strada di Cermine), uno splendido manufatto, realizzato a regola d'arte, che si sviluppa da Gordona a Cermine per circa 4 km e 1000 metri di dislivello. Prima degli anni settanta del Novecento, quando venne realizzata l'attuale carrozzabile che da Gordona raggiunge Bodengo, essa rappresentava la via principale di accesso agli alpeggi sopra Gordona ed alla Val Bodengo stessa. Fu finanziata dal benefattore Giovan Battista Mazzina ("Pin Mazzina") e realizzata, grazie al lavoro di molti Gordonesi, nel 1928-29. Il Mazzina, nato nel 1884, dopo un'infanzia da pastore sugli alpeggi sopra Gordona cercò e trovò fortuna nel settore alberghiero in Sud America, in particolare a Buenos Aires, dove lavorarono diversi gordonesi. Molteplici le sue iniziative benefiche, a Gordona, Mese e Chiavenna. In particolare restaurò anche la cappella dedicata alla Madonna del Rosario lungo la mulattiera, oltre al Monumento ai Caduti, al Municipio ed all'Acquedotto di Gordona. A lui sono state intitolate la scuola primaria e la scuola media di Gordona, dove morì il 19 maggio 1931. Percorrere interamente questa mulattiera è un'esperienza faticosa ma suggestiva. Si può toccare... con piede la sapiente gestione delle pietre e dei dislivelli che agevola per quanto possibile la fatica della salita e raggiunge l'Alpe Orlo, a 1165 metri (raggiungibile anche mediante una strada sterrata di recente costruzione).


La mulattiera del benefattore nel tratto Donadivo-Orlo

La mulattiera conserva la sua fattura accurata: sale gradualmente, con fondo riposante, all'ombra di un bosco, incrocia più in alto la pista sterrata e dopo qualche svolta porta all'alpe Orlo (m. 1165). Si tratta di un maggengo localmente chiamato "öör" menzionato nell'estimo del 1643 come Or di Sermone o Or di Scermen. Ci accoglie una fontana a due cannelle, la funtèna de l'öör, presso la quale parte il segnalato sentiero che prende a sinistra e si addentra in Val Pilotera. Vicino alla fontana si trova la cappella chiamata capèla de l'öör.

Funtèna de l'öör e capèla de l'öör

Qui, ad un bivio, prendiamo a sinistra, seguendo il cartello che indica la val Piodella e lasciando la mulattiera del benefattore. Dobbiamo ora effettuare una lunga traversata sul fianco sinistro idrografico della valle; nel primo tratto perdiamo un centinaio di metri di quota (ce ne accorgeremo al ritorno!), per poi ricominciare a salire, avvicinandoci al letto del torrente, fino ad attraversarlo su un ponte gettato su una bella marmitta dei giganti. Ci ritroviamo così all'Alpe Valle di Sotto (m. 1330), dalla quale, ignorato un secondo ponte, saliamo all'Alpe Valle di Sopra (m. 1486).
I segnavia rosso-bianco-rossi sono abbastanza numerosi e ci permettono di procedere con tranquillità. Ora dobbiamo piegare decisamente a destra e risalire un ripido dosso erboso, per entrare poi in un bel bosco, aggirando sulla destra il gradino roccioso che ci separa dall'alta valle. Usciti dal bosco, percorriamo un breve tratto su un dosso erboso e raggiungiamo un terzo ponte. Ora dobbiamo ignorare i segnavia, che indicano il percorso per la superiore Alpe Piodella; attraversiamo il ponte e, sormontate alcune modeste formazioni rocciose, raggiungiamo le quattro baite dell'Alpe Lavorerio (Lauréri, m. 1862), la prima e più grande delle quali è stata (parzialmente) adattata a rifugio.
La struttura è dotata di 12 posti letto con materassi, cuscini e coperte, di una cucina con fornello, lavandino e pentole, di un tavolone con panche, di una stufa, di un caminoe di una caldaia a gas. Vi si trovano anche servizi igienici con con doccia L'energia elettrica è assicurata da un pannello solare. E' ottima cosa, se ci si ferma, lasciare un'offerta nell'apposita cassetta. Si tratta di un rifugio non gestito. Per prenotare e ritirare le chiavi occorre rivolgersi a Gordona al Bar San Martino, situato in Piazza S. Martino 4 (tel. 0343 41613 o 0343 42774).


Apri qui una cartina dei percorsi in Val Piodella dal pannello illustrativo della Val Bodengo

L'escursione potrebbe terminare qui, ma se siamo molto allenati vale la pena di salire al cuore dell'alta valle, l'alpe Piodella. Tornati al ponte, ci portiamo sul lato opposto del torrente e, seguendo i segnavia (che si fanno più radi) risaliamo verso sinistra il versante meridionale della punta di Setag (qui di sentiero non c'è praticamente traccia), raggiungendo senza difficoltà le baite dell'Alpe Piodella (m. 2045).
L'escursione potrebbe concludersi qui, ma se energie e tempo residui possiamo salire facilmente ad qui alla bocchetta di Piodella, fra Val Piodella e Valle di Strem (laterale della Val Bodengo), per poi traversare alla vicina forcella di Strem, che si apre fra Valle di Strem e Val Gamba, in territorio elvetico.
Per farlo prendiamo come riferimento l'ultima baita, dove su un masso viene segnalato il bivio, per Avert e per Strem.


Apri qui una fotomappa della salita lungo la Val Piodella

Andiamo a sinistra per salire verso il crinale fra Val Piodella e Valle di Strem (indicazione “Strem” sul masso a terra). Troviamo la medesima indicazione sulla baita più grande (cartello “Alp Piodela m. 2045”). Teniamo presente che alla più bassa alpe Lavorerio si trova il rifugio Lavorerio, che però non è custodito e quindi è sempre chiuso (tranne che, saltuariamente, nel periodo estivo). Andiamo a destra, cioè verso sud-ovest (a sinistra se ci poniamo di fronte alla facciata della baita), salendo fra roccioni arrotondati e magri pascoli in direzione dell’ampia sella della bocchetta di Piodella e passando accanto al laghetto di Piodella (Lèech de la Piudèla, m. 2202) ed alla pozza che si trova appena sopra.


Laghetto di Piodella

Per facili roccette raggiungiamo la bocchetta o forcella di Piodella (Furscelign dal Lèech de la Piudèla, m. 2271). Vicino alla bocchetta si possono ancora osservare i resti di un baitello della Guardia di Finanza, che in passato sorvegliava questo valico per rendere difficile la vita ai contrabbandieri. Infatti il vicino forcellino di Strem porta in territorio elvetico.


Dall'alpe Piodella alla Valle di Strem

Lasciamo così la Val Piodella e ci affacciamo alla Valle di Strem (Val de Strèm e dal Gandaiöl, denominata Alpe Stremo già nel 1508 e nell’estimo del 1643). Non scendiamo verso valle, ma traversiamo a destra, su traccia di sentiero, tagliando un faticoso versante franoso, in leggera salita, verso sud-ovest, fino al ben visibile intaglio della Forcola di Strem (Fuscelign de Strèm, m. 2294), ai piedi della turrita Punta di Piodella (o Piz Gandaiole – Piz dal Gandaiöl).


Salita dall'alpe Piodella alla bocchetta di Piodella e alla cima del Piz Gandaiole

Dalla forcella un ripido canalino scende in Val Gamba, in territorio elvetico. Poco sotto si scorgono i resti di un baitello (baitèl dal furscelign de Strem), che sorprende per la collocazione. Non si trattava di un ricovero per pastori, ma di una struttura usata per gli appostamenti della Guardia di Finanza. Anche qui, infatti, come presso tutti gli altri passi sul confine italo-svizzero, si giocò, fino alla metà almeno del secolo scorso, l'estenuante partita a scacchi fra finanzieri e contrabbandieri, che ricavavano dall'importazione illegale di sigarette e caffè dalla Svizzera introiti ben maggiori rispetto a quelli legati al lavoro della terra.


Valle di Strem dalla bocchetta di Piodella

Presso il grande ometto del forcellino troviamo anche una gentile poesiola zen, su una targa collocata il 13 luglio 1996: “Haiku (Poesia Zen) del Forscelin de Strem. Solo sfidando la paura di sfiorare il cielo nel silenzio delle vette là dove siedono gli Dei l’uomo può comprendere le meraviglie della natura e sentire scorrere dentro di sé il senso dell’infinito e il suo spirito può raggiungere l’armonia del Tao. By Franz.”
Alle spalle dell'ometto si eleva il robusto corno del pizzo Gandaiole o Piodella, che, visto da qui sembra alquanto ostico. Affrontato dalla bocchetta di Piodella, invece, assume un aspetto ben più mite.


Forcola di Strem e Pizzo Gandaiole

Dopo aver meditato sull'invito a guardare il cielo ed avvertirne il mistico respiro, dobbiamo, se abbiamo l'ardire di tentare l'impegnativa discesa a Bodengo (cfr. sotto), prestare molta attenzione alla terra ed ai suoi segni, cioè a segnavia ed ometti che aiutano nella discesa dalla Val di Strem al solco principale della Val Bodengo: nessun’altra via se non questa ci può consentire di raggiungere Bodengo, perché la valle vi si affaccia con ripidi e repulsivi versanti e con il famoso precipizo di Strem (Caürchia de Strem), salto verticale che, per semplice suggestione, induce a collegare il toponimo “Strem” alla voce dalettale “stremìzi”, cioè “paura”. Se, per qualunque motivo, ci si trovasse in difficoltà, si consideri che sul lato opposto dell'alta Valle di Strem (cantone di Strem) si trova il bivacco Strem all'alpe Strem (m. 1980). Lo si raggiunge facilmente traversando l'alta valle verso destra, dalla forcella o forcola di Strem.


Apri qui una fotomappa degli itinerari dalla bocchetta di Piodella (traversata alla forcella di Strem e salita al pizzo Gandaiole)

Un'idea alternativa (alla forcella di Strem) per chiudere questa lunga escursione è la salita al pizzo Gandaiole (o pizzo di Piodella), che dalla forcella di Strem appare una cima arcigna e difficile, mentre dalla Val Piodella assume un profilo assai meno impegnativo. In tal caso, per evidenti motivi di tempo, lasciamo per un'altra occasione la traversata alla forcella di Strem.
La salita a questa cima ha come riferimento la bocchetta di Piodella (m. 2271), raggiunta dal laghetto di Piodella come sopra descritto. Dalla bocchetta invece di scendere in Valle di Strem prendiamo subito a destra, per guadagnare il crinale della cresta orientale. Nel primo tratto dobbiamo salire qualche lembo di pascolo un po' ripido e qualche roccetta insidiosa, che però possiamo aggirare scendendo un po' sul versante di Val Piodella e poi volgendo decisamente a sinistra e puntando al crinale. Raggiunta la cresta, non ripida, la seguiamo salendo fra erba e facili roccette, verso ovest, fino al grande ometto sulla cima del Pizzo Gandaiole o Piodella (m. 2396).


Salendo al pizzo Gandaiole dalla bocchetta di Piodella

L'ultimo tratto prima della cime del pizzo Gandaiole

Alla medesima cima si può salire per via più breve puntando direttamente dal laghetto di Piodella al crinale a destra della sella della bocchetta di Piodella, e salendo a vista fra i lasci lastroni ("piode", da cui il nome della Val Piodella) e le strisce di pascolo.
Il pizzo Gandaiole è un buon punto panoramico sulla Val Piodella, sulla Val Gamba e sulla Mesolcina. Dalla cima si impongono in primo piano a nord il pizzo Setag, o Setaggiolo, poderosa e simmetrica piramide, mentre a sud spicca, come re della catena dei Muncech, il pizzo Cavregasco. L'ampia finesta che si apre oltre la Val Piodella, però, ci permette di spaziare molto più lontano, e lo sguardo raggiunge le candide cime del gruppo del Masino e del Bernina.


Il pizzo Setag dal pizzo Gandaiole

La Val Gamba dal pizzo Gandaiole

TRAVERSATA PIODELLA-STREM-BODENGO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cappella Donadivo-Alpe Orlo-Alpe Valle di Sotto e di Sopra-Alpe Lavorerio-Sella di Piodella-Forcella di Strem-Bodengo
8 h
1660
EE
Cappella Donadivo-Alpe Orlo-Alpe Valle di Sotto e di Sopra-Alpe Lavorerio-Sella di Piodella-Forcella di Strem-Bodengo-Cappella Donadivo
9 h
1660
EE
SINTESI. Dalla Forcella di Strem (m. 2294) scendiamo lungo la Val di Strem. Nella prima parte della discesa puntiamo, scendendo verso sud-est, ai ruderi delle baite dell’alpe Gandaiole (m. 2078). Le baite si trovano a destra di un vallone marcato che corre quasi a ridosso del limite settentrionale (di sinistra) della valle, quello stesso vallone che più in basso dovremo attraversare. Nella successiva discesa pieghiamo a destra, cioè punta a sud, spostandoci un po' verso il centro della valle, ma restando sempre sul suo lato sinistro (per noi che scendiamo: non portiamoci sulla destra, in direzione dell'alpe Strem). Procediamo su un sentierino con traccia incerta, nascosta spesso dall'alta erba, e dobbiamo prestare attenzione a segnavia ed ometti. Diritto davanti a noi, sul fianco sinistro della valle, distinguiamo facilmente il promontorio boscoso con uno spicchio di prati: si tratta dell'alpe Piazza, alla quale dobbiamo traversare. Superiamo un sasso che indica la deviazione a destra per l'alpe Strem, dove si trova la Baita del pastore, sempre aperta (m. 1947). Ignoriamo la deviazione e procediamo diritti. Dobbiamo stare molto attenti ora ad imboccare il sentiero che traversa all'alpe Piazza. Per farlo torniamo sulla sinistra e collochiamoci sul largo dosso delimitato a sinistra dal già citato vallone a ridosso del fianco settenrionale della valle e a destra da un secondo avvallamento. La traccia ne percorre un buon tratto, poi, prima che inizi la fascia degli abeti, piega, a quota 1850 m. circa, a sinistra. Visivamente, dobbiamo prendere a sinistra puntando alla selletta erbosa compresa fra alcune formazioni rocciose a monte ed i primi abeti a destra. Il sentiero scende verso nord ad attraversare il torrente del vallone sul fianco settentrionale della valle (m. 1800). Sul lato opposto piega a destra e prosegue la discesa verso sud-est, correndo a ridosso dell'aspro e verticale versante ai piedi del pizzo della Piazza. Il sentiero è sempre netto, ma esposto e soggetto a smottamenti. Superato un canalino franoso, pieghiamo leggermente a destra e traversiamo ancora per un tratto, fino ad uscire ai prati dell'alpe Piazza (la Piàza, m. 1668), ai piedi del pizzo della Piazza. Passiamo a destra della baita e lasciamo il poggio piegando leggermente a sinistra, per poi scendere su un ripidissimo dosso, in una splendida pecceta, verso sud-est. Superato un valloncello, raggiungiamo un dosso più dolce, e proseguiamo nella discesa seguendone il filo, fino ad uscire in vista della piana della Val Bodengo. Qui il sentiero D9 termina ed intercettiamo la pista sul fondovalle. Scendendo verso sinistra in pochi minuti giungiamo a Bodengo (m. 1030). Seguendo la carrozzabile da Bodengo possiamo ridiscendere a Donadivo.

Persone con eccellente allenamento fisico e sicura esperienza potrebbero puntare a chiudere ad anello questa escursione scendendo dalla forcella di Strem, per la Valle di Strem, al fondovalle della Valle di Bodengo, a Bodengo ed infine per la carrozzabile alla Cappella Donadivo. Si tratta di una discesa che però richiede molta attenzione e buone condizioni di visibilità, perché il sentiero non è evidente ed è assolutamente sconsigliabile scendere per via diversa.


L'alpe Gandaiole

L'alpe Gandaiole

Nella prima parte della discesa puntiamo, scendendo verso sud-est, ai ruderi delle baite dell’alpe Gandaiole (Alp dal Gandaiöl, m. 2078: il toponimo si riferisce ai corpi franosi che solcano il versante dell’alta Val di Strem). Le baite si trovano a destra di un vallone marcato che corre quasi a ridosso del limite settentrionale (di sinistra) della valle, quello stesso vallone che più in basso dovremo attraversare. Nella successiva discesa pieghiamo a destra, cioè punta a sud, spostandoci un po' verso il centro della valle, ma restando sempre sul suo lato sinistro (per noi che scendiamo: non portiamoci sulla destra, in direzione dell'alpe Strem).


Discesa dall'alpe Gandaiole all'alpe Piazza

Procediamo su un sentierino con traccia incerta, nascosta spesso dall'alta erba, e dobbiamo prestare attenzione a segnavia ed ometti. Diritto davanti a noi, sul fianco sinistro della valle, distinguiamo facilmente il promontorio boscoso con uno spicchio di prati: si tratta dell'alpe Piazza, alla quale dobbiamo traversare. Superiamo un sasso che indica la deviazione a destra per l'alpe Strem, dove si trova la Baita del pastore, sempre aperta (m. 1947), una struttura, come già detto, che può rivelarsi preziosa nel caso fossimo sorpresi dall'ora tarda. Ignoriamo la deviazione e procediamo diritti.


Scendendo verso l'alpe Piazza

Dobbiamo stare molto attenti ora ad imboccare il sentiero che traversa all'alpe Piazza. Per farlo torniamo sulla sinistra e collochiamoci sul largo dosso delimitato a sinistra dal già citato vallone a ridosso del fianco settenrionale della valle e a destra da un secondo avvallamento. La traccia ne percorre un buon tratto, poi, prima che inizi la fascia degli abeti, piega, a quota 1850 m. circa, a sinistra. Visivamente, dobbiamo prendere a sinistra puntando alla selletta erbosa compresa fra alcune formazioni rocciose a monte ed i primi abeti a destra. Il sentiero scende verso nord ad attraversare il torrente del vallone sul fianco settentrionale della valle (m. 1800).


Traversata del vallone verso l'alpe Piazza

Sul lato opposto piega a destra e prosegue la discesa verso sud-est, correndo a ridosso dell'aspro e verticale versante ai piedi del pizzo della Piazza. Il sentiero è sempre netto (non si tratta di un sentiero da capre, di qui salivano un tempo gli armenti che caricavano la valle), ma esposto e soggetto a smottamenti. Superato un canalino franoso, pieghiamo leggermente a destra e traversiamo ancora per un tratto, fino ad uscire ai prati dell'alpe Piazza (la Piàza, m. 1668), ai piedi del pizzo della Piazza.


La baita dell'alpe Piazza

Scendendo dall'alpe Piazza al fondo della Val Bodengo

Qui possiamo finalmente tirare un po’ il fiato, ma anche la seconda parte della discesa richiede attenzione. Passiamo a destra della baita e lasciamo il poggio piegando leggermente a sinistra, per poi scendere su un ripidissimo dosso, in una splendida pecceta, verso sud-est. Superato un valloncello, raggiungiamo un dosso più dolce, e proseguiamo nella discesa seguendone il filo, fino ad uscire in vista della piana della Val Bodengo. Qui il sentiero D9 termina ed intercettiamo la pista sul fondovalle, più o meno a metà strada fra Corte Terza (curt èrza, o semplicemente alp, m. 1190) e Bodengo (Budénch). Scendendo verso sinistra in pochi minuti giungiamo in vista del campanile della chiesa di san Bernardo e san Giovanni Battista a Bodengo (gésa de Budénch, m. 1030), dove la lunga traversata termina, nel suggestivo scenario di uno dei più singolari e pittoreschi borghi alpini, baricentro di una valle poco conosciuta, aspra ed insieme affascinante.


Discesa dalla bocchetta di Val Piodella al fondo della Val Bodengo (clicca qui per ingrandire)

Oggi il Consorzio della Val Bodengo si prodiga per tener vivi questi monti, ma in passato la vita era qui, mentre il piano, per le sue insidie e la sua insalubrità, appariva ben più desolante. Basti leggere quanto scriveva nel 1813 il medico Camillo Pestalozzi a Melchiorre Gioia, segnalando che a Bodengo, "lungi dal miasma delle acque stagnanti" e dalle paludi del piano, la gente viveva più a lungo rispetto a Gordona, e "due robuste donne di Bodengo [...] furono prolifiche al di là de' cinquant'anni”, mentre normalmente la donna era sterile a 30 e l'uomo a 35.
Inoltre a Bodengo raggiungere i 60 anni d'età "non è miracoloso siccome al piano, e sono parecchi gli uomini che sostengono colla più ridente salute la decrepita età di settanta e più anni". Traguardando verso est, cioè verso lo sbocco della valle il campanile della chiesa, che ha la singolarità di pendere in direzione della chiesa medesima, vediamo il puntuto Pizzasc (Pizzo di Prata), che da oriente ha sorvegliato tutti i nostri passi.


La chiesa di San Bernardo a Bodengo

Per tornare alla Cappella Donadivo e recuperare l'automobile possiamo seguire la carrozzabile che da Bodengo scende a Gordona, ma, con percorso un po' più lungo madecisamente più affascinante, possiamo passare per l'antico e suggestivo borgo di Bedolina. In questo caso seguiamo per un buon tratto, diritto, la strada, fino alle baite di Pra Pincée (m. 947), dove lasciamo la strada per imboccare il ponte alla nostra destra (pónt nööv de bedulìna), sul quale superiamo il torrente Boggia. Sul lato opposto saliamo per un paio di tornanti su una strada asfaltata, fino alle baite di Bedolina (bedulìna, m. 946), il paese delle betulle (così vuole il suo nome), uno dei più singolari e fascinosi maggenghi alpini. Oggi la carozzabile che lo raggiunge da Bodengo molto contribuisce a far sbiadire questo fascino, ma fra le antiche baite ancora si ascoltano sommessi echi antichi.


Chiesetta di Bedolina

Ci portiamo alla graziosa chiesetta dedicata alla Madonna Incoronata e a San Gioacchino, suo padre (gésa de bedulìna). Di essa scrive lo storico Guido Scaramellini: ““La località è nominata nei documenti del XV secolo e appartenne alla pieve dì Samòlaco fino al 1541 quando furono mutati i confini. Oggi la data più antica incisa su un architrave è il 1676. Originariamente era un maggengo intermedio, dove ci si fermava con il bestiame in primavera, prima di raggiungere, dopo il primo fieno, gli alpeggi più in alto. Di nuovo vi si sostava con il bestiame al ritorno, in settembre.
La prima pietra della chiesetta, dedicata alla Madonna incoronata e a san Gioacchino sottoil titolo della Madonna della consolazione, fu posta il 2 agosto 1762. La benedizione seguì il 19 agosto 1764, come è inciso sull'architrave della porta in facciata. In quell'occasione la popolazione si impegnò, com'era richiesto in simili situazioni, a farvi celebrare dodici Messe all'anno.

Alla costruzione parteciparono anche gli alpigiani di Garzelli, Brüsada, Pra Pincée e Barzena. Due tele rappresentanti santa Maria Maddalena e san Francesco Saverio furono dona e nel 1765 dai benefattori di Napoli, cosìcome l'anno seguente l'ancona dell'altare con la Madonna incoronata e i santi Gioacchinoe Donato. L'unica campana sull'arco sopra il tetto venne fusa presso la collegiata di Chiavenna il 22 maggio 1767 da Domenico Morella di Bergamo.”
Sulla facciata della chiesetta una targa ricorda i caduti delle società Edison e Salci nella costruzione, fra il 1940 ed il 1951, della galleria Garzelli-Bodengo-Mese, che serve la centrale di Mese. Impressiona il numero. Sono riportati i nomi di Barola Costantino, di Chiavenna, Capelli Bruno Edoardo, di Gordona, Carli Guglielmo, di Edolo, Cavenoni Attilio, di Samolaco, Chierici Massimo, di Samolaco, Comensoli Ottorino, di Edolo, Dell'Anna Giuseppe, di Gordona, Ferrari Delfina, di Gordona, Fontana Cristoforo Battista, di Mese, Fontana Felice, di Mese, Fontana Lino, di Prata Camportaccio, Geronimi Guglielmo, di San Giacomo Filippo, Gheza Bortolo, di Fusine, Ghezzi Alberto, di Mese, Giopvanettoni Alberto, di Chiavenna, Greppi Luigi, di Chiavenna, Gusmeroli Renato, di Delebio, Mazzina Andrea, di Prata Camportaccio, Pedrini Ernesto, di Villa di Chiavenna, Ravioli Enrico, di Chiavenna, Rotamartire Abele, di Grumello Monte, Scandolera Vittorio, di Mese, Trapletti Isidoro, di Mese.
Bedolina è però anche il paese (anzi, uno dei numerosi paesi) che l'immaginazione popolare ha legato a storie di streghe. Dionigi Battistessa raccontò il 3 aprile 1977, alla veneranda età di 91 anni, questa leggenda a Maria Pantano (che la raccolse nella tesi di laurea  “... e al strii veran fö cura l'é nocc - Ricerca sulle leggende di Valtellina e Valchiavenna”, dattiloscritto, Biblioteca della Valchiavenna, Chiavenna, febbraio 1980). Si scatenò un giorno, in Val Bodengo, un furibondo nubifragio. Veniva giù un’acqua che faceva paura, tuoni e fulmini squassavano l’aria e sembravano voler seppellire l’intera valle sotto le sue montagne. A Bedolina un prete della Confraternita della Cintura stava pregando proprio sulla piazza della chiesa, incurante del maltempo, per implorare da Dio che la furia degli elementi avesse termine. Quand’ecco che si vide venire incontro due donne le quali, incuranti del maltempo, sembravano ridere e scherzare come se nulla fosse. Si trattava di donne chiacchierate, in odore non certo di santità, ma piuttosto di stregoneria. Si rivolsero a lui con sguardi tentatori, cercando di vincere ritrosia e castità che sono propri di un servo di Dio. Il prete sentì vacillare la sua determinazione, e, per resistere, strinse forte la cintura che gli cingeva la vita. Così superò lo smarrimento, pregò con maggior forza il Signore ed ottenne che le due donne scomparissero, e con loro anche la furia degli elementi. Tutto si placò. Tutto tornò quieto.
Attraversiamo il piccolo nucleo e scendiamo fino al limite del bosco, imboccando il sentiero che prosegue nella discesa con rapidi tornantini. Attraversiamo così l'ombrosa ed inquietante Val Scaravella (val scaravèla), anch'essa legata a leggende di streghe. Si racconta infatti che quella valle fosse frequentata da streghe che venivano fin lì, di notte, da Samolaco. Prova ne era quel che accadde un giorno, come raccontò il 3 aprile 1977, sempre a Maria Pantano, Maria Battistessa (cfr. “... e al strii veran fö cura l'é nocc - Ricerca sulle leggende di Valtellina e Valchiavenna”, cit.).  Da Samolaco era giunta una donna, per portare, come diceva, le sue bestie al pascolo in quella valle. Ogni tanto si fermava in paese. Aveva un’aria un po’ strana, niente di più, ma ciò che accadde un volta diede a tutti la convinzione che fosse una strega. Si era fermata sul sagrato della chiesa, apparentemente per riposare. Più d’una persona, però, aveva notato certi suoi gesti, senza senso, come se stesse descrivendo chissà quali figure nell’aria. Nel volgere di pochi istanti s’era scatenata una furibonda tempesta, senza preavviso alcuno. C’era bisogno di altre prove?
Sempre in Val Bodengo, non lontano da Scaravella,  troviamo quella valle Scura (Vals’chiüra) che, come suggerisce il nome stesso, non era neppure essa luogo raccomandabile. Ma, del resto, non si poteva evitare di portarci gli animali al pascolo. È quel che fece, un giorno (lo raccontano Donata Buzzetti e Fulvio Cerletti, alunni di classe IV della scuola elementare di Mese, nella raccolta “C’era una volta… usanze, leggende, proverbi, filastrocche”, Biblioteca di Mese, 1975) una bambina chiamata Matulania. Mentre teneva d’occhio le poche capre che le erano state affidate, udì un fruscio provenire dal bosco, vide i rami muoversi, aprirsi, ed una vecchina venirne fuori. Una vecchina magrissima, scarmigliata, sporca, malvestita. Da far pietà. Guardò la piccola con occhio mite e le disse, con tono suadente: “Vieni con me, vieni con me, che ti porto in un bel posto”. Ora, questa Matulania, a dispetto del soprannome, sciocca davvero non era. Sapeva bene che non si doveva dar retta agli sconosciuti. E poi quella vecchina, così debole e dimessa in apparenza, non le ispirava alcuna fiducia. Le streghe, si sa, non catturano le loro vittime impaurendole, ma ingannandole con una falsa debolezza. Prontamente, dunque, la bambina si fece il segno di croce, come le avevano insegnato a fare di fronte ad ogni minaccia. Proprio in quell’istante si udirono i rintocchi dell’angelus della chiesa di Bodengo, che annunciava il mezzogiorno ed invitava alla preghiera. Non fece in tempo ad iniziare la recita dell’angelus Domini, che la vecchia era già scomparsa. Tornò, quindi, a casa, con le sue capre, e raccontò tutto ai suoi genitori, che la lodarono per la prudenza e non la mandarono più a pascolare le capre in quella valle.


Il ponte in pietra sul torrente Boggia

Procedendo nella discesa passiamo accanto ad una cappelletta, dalla quale, gettando l'occhio sul versante opposto della valle, vediamo che la carrozzabile Gordona-Bodengo è letteralmente scavata nella roccia del versante che poi scende al precipizio denominato “paradìs di can” (perché neppure i cani, precipitando, potevano trovare scampo). Scendiamo ora su una mulattiera che dopo qualche torrente ci porta allo stupendo ponte in pietra a tre arcate sul torrente Boggia (pónt de la vàl), mentre alita su di noi il freddo respiro della valle. Il ponte, orgoglioso di essere stato l'unico a resistere alla furia degli elementi nell'estate del 1983, scavalca le concave marmitte che le acque del torrente hanno scavato nella loro circolare corsa verso il basso. Le gole della bassa Val Bodengo sono famose fra i cultori di canyoning, che vi trovano un ambiente ideale per discese da brivido. I cultori della camminata non potranno forse capire mai come si possa sfidare la furia delle acque lasciando la solida ed atavica alleanza dell’uomo con la madre terra.


Mulattiera per Bedolina

Sul lato opposto la mulattiera riprende il suo corso, questa volta salendo. Dopo una doppia sequenza di tornanti dx-sx, nei quali la mulattiera è protetta anche da corrimano metallici, raggiungiamo la carrozzabile Gordona-Bodengo, nei pressi di una cappelletta dedicata alla B. V. Maria, posta a destra della strada: si tratta della capèla dal cost, in località scìma còsta (m. 757). Procediamo ora sulla strada asfaltata e, dopo una semicurva a sinistra, scendiamo in breve al parcheggio di Donadivo, recuperando l'automobile e chiudendo, dopo 9 o 10 ore di cammino, questa lunga ma affascinante traversata.


Cappella Donadivo

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line

 

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

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