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La val Qualìdo
è abbastanza conosciuta da coloro che amano l'escursionismo in Val
Màsino, in quanto la sua parte alta (intorno alla quota 2500 metri)
viene percorsa da quanti effettuano la tappa Gianetti-Allievi del
Sentiero Roma. |
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C'è poi
una categoria molto particolare che ben conosce questa valle, ed
è quella degli arrampicatori, che trovano nella celeberrima parete
del Qualido una delle palestre migliori per mettere alla propria
la propria tecnica ed il proprio virtuosismo. |
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La valle
può, tuttavia, essere considerata anche in una terza prospettiva,
quella dell'escursionismo di una sola giornata, alla scoperta degli
immortali spalti di granito della Val di Mello, ma anche dei suo
aspetti meno noti, ma non meno affascinanti. |
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Mi spiego: chi avesse una sola giornata a disposizione e volesse
respirare fino in fondo le atmosfere della Val di Mello, avendo
già effettuato la classicissima escursione alla capanna Allievi
in valle di Zocca, potrebbe scegliere di esplorare proprio la val
Qualido, che regala scorci davvero singolari, difficili da trovare
nelle valli più conosciute. |
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Se poi fosse un buon camminatore, potrebbe puntare al passo
dell'Averta, che offre uno dei panorami più belli dell'intero Sentiero
Roma. Se, infine, fosse un ottimo camminatore, dal passo dell'Averta
potrebbe scendere al rifugio Allievi, osare magari anche il passo
di Val Torrone e tornare, scendendo la val Torrone, alla piana della
Val di Mello dopo aver effettuato un anello di gran classe (in circa
undici ore di marcia si può fare). |
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Partiamo, dunque, dal parcheggio della Val di Mello, cui si
può giungere, nel periodo fine luglio-fine agosto, solo sfruttando
il servizio di bus-navetta che lo congiunge con il paese di San
Martino (ricordo però che il periodo migliore per effettuare questa
escursione è quello compreso fra la metà di settembre e la metà
di ottobre, quando la transizione dei colori dalla tavolozza estiva
a quella autunnale regala le policromie più suggestive). |
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Lasciato alle spalle il parcheggio, incamminiamoci sulla pista
che si inoltra nella piana della valle. |
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Volgendo gli occhi a sinistra, potremo ammirare il profilo
imponente ed arrotondato del Precipizio degli Asteroidi. Dopo circa
duecento metri incontreremo, sulla nostra sinistra, un cartello
che indica la partenza del sentierino che sale in val Qualido: dobbiamo
prestare attenzione a non perderlo, perché il sentiero non è molto
visibile. Una volta imboccato, però, non è più possibile perderlo,
anche se la sua traccia non è sempre marcata. |
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Nel primo tratto il sentiero ci fa guadagnare rapidamente quota
rimanendo all'ombra (quanto mai gradita nella stagione estiva) del
bosco. |
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In questo tratto il percorso si sviluppa sulla sommità di un
dosso che viene via via restringendosi, fino a ridursi alla strozzatura
dio una formazione rocciosa che viene elegantemente superata sfruttando
una vera e propria scalinata nella roccia. |
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Poi si esce dal bosco e ci si trova di fronte ad un'enorme
placca di granito, rivestita in superficie da erba e da qualche
rada pianta. Alla nostra sinistra la placca precipita nel solco della valle,
e, sul lato opposto, incombe l'immane e verticale parete del Qualido,
che non possiamo ammirare senza un senso di vertigine. La placca
viene superata sfruttando una traccia scavata nella roccia, che
la risale con ampi tornanti. Chi la percorre per la prima volta
proverà, probabilmente, un certo senso di vertigine, perché in diversi
punti si ha l'impressione che essa sia esposta su un baratro profondo. |
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Alla fine anche la placca è sormontata, e ci ritroviamo in
una piazzola erbosa, che precede una piccola pineta, che il sentiero,
con una ripida impennata, attraversa. |
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Ci stiamo avvicinando al segmento mediano della valle: |
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ora torniamo allo scoperto e, con una diagonale in leggera
salita, guadagniamo un'ampia conca, dove la traccia si perde su un
terremo spesso acquitrinoso. |
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I segnavia ci indirizzano verso
nord, in direzione delle roccette che si frappongono fra la conca
ed il pendio erboso della media valle. Non si tratta, però, di roccette sicure, perché in alcuni punti sono esposte e, soprattutto
se è piovuto di recente, sono percorse da rigagnoli d'acqua che
le rendono scivolose e quindi infide (soprattutto per chi scende),
senza che vi sia alcuno strumento di assicurazione. Evitiamo,
quindi, di affrontarle se siamo privi della necessaria esperienza o se le troviamo molto bagnate. In
questo caso, però, possiamo optare per una soluzione alternativa,
che allunga un po' il percorso ma lo rende più sicuro. Invece di
dirigerci verso le roccette, pieghiamo a sinistra, raggiungendo un
ben visibile guado che ci permette di attraversare il torrente della
valle (operazione che però, se è piovuto di recente, risulta molto
problematica, quando non impossibile). |
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Sul lato opposto potremo trovare, seminascosta nella boscaglia,
una traccia di sentiero che sale in un boschetto, fino a perdersi.
Non è però difficile continuare la salita a vista, uscendo dal limite
superiore della vegetazione ed intercettando una seconda traccia
che, percorsa verso destra, ci porta a guadare una seconda volta,
in senso opposto, il torrente e ad intercettare, dopo un traverso,
la traccia segnalata.
Ma torniamo alle nostre roccette: raggiunto il loro limite
superiore, ci ritroviamo su un terreno erboso e più tranquillo.
Seguendo i segnavia rosso-bianco-rossi ed effettuando qualche
svolta, guadagniamo, sui 2100 metri circa, la radura che costituisce
il punto di congiunzione dei due rami della valle. |
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La val Qualido,
infatti, ha una conformazione che assomiglia ad una Y rovesciata:
noi abbiamo risalito il ramo di sinistra (ovest), che qui si congiunge
con quello di destra (est). Guardando giù, sul ramo opposto, scorgiamo
i resti della baite quotate 2031 metri. Di fronte, la possente costiera
Remoluzza-Arcanzo, che separa la Val di Mello dalla Valle di Preda
Rossa. |
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Sono trascorse circa due ore e mezza-tre dalla partenza, ed
abbiamo superato un dislivello di poco più di mille metri. |
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L'escursione potrebbe terminare qui, con una lunga sosta
dedicata ad ammirare la bellezza del panorama: |
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verso nord il solco quasi materno e protettivo della
valle, che termina con il defilato pizzo del Ferro orientale (m.
3199); |
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verso nord-est la costiera che la separa dalla valle di Zocca,
caratterizzata dall'ampia ed inconfondibile placca liscia; |
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verso nord-ovest, infine, la costiera che la separa dalla valle
del Ferro, sulla quale emerge il torrione Qualido (m. 2647), a nord
del quale è posto il passo omonimo. |
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Se però abbiamo ancora tempo ed energie a disposizione, proseguiamo
nella risalita della valle. I segnavia si fanno più radi, ma non
possiamo sbagliare: basta procedere tendendo sempre leggermente
a destra e seguendo il filo di qualche facile dosso, per poi puntare
decisamente a nord, verso il piede del canalino che adduce al passo
dell'Averta (m. 2540), dapprima nascosto ai nostri occhi, poi via
via sempre più visibile come stretto intaglio nella roccia in alto,
a destra. |
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Nell'ultimo tratto della salita ai magri pascoli si sostituiscono
i più faticosi massi, finché giungiamo ad intercettare, poco al
di sotto dei 2500 metri, il Sentiero Roma, che si accinge a salire
al passo dell'Averta. La salita al passo non è difficile, |
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anche se dobbiamo prestare attenzione dapprima ai sassi mobili
del canalino, poi all'ultimo tratto nel quale, per superare un blocco
di roccia, dobbiamo effettuare un qualche passo che richiede cautela,
assistiti dalla corda fissa. |
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Il passo è uno stretto intaglio nella roccia, oltre il quale
si apre uno scenario che non si dimentica: l'imponente e corrugata
punta di Zocca (m. 3174) |
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sembra lì, a portata di mano, |
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mentre più ad oriente sfilano, in una prospettiva maestosa,
le più importanti cime del gruppo, |
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dalla cima di Castello alla punta Rasica, dai pizzi Torrone |
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al monte |
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Disgrazia. Questo spettacolo vale, da solo, abbondantemente, le cinque
ore circa necessarie per salire al passo. |
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E', però, anche
possibile puntare al passo posto sulla costiera Ferro-Qualido:
raggiunto il sentiero Roma, ci si dirige in senso opposto, |
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attraversando la valle e,
nell'ultimo tratto, il canalone che scende dal pizzo del Ferro
orientale. |
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La salita al passo sfrutta un
sistema di cenge esposte, |
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e nei passaggi più esposti |
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è servita da corde fisse. |
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Salendo con cautela, si
raggiunge, dopo un'ultima diagonale verso destra che segue una prima
diagonale verso sinistra, il bellissimo intaglio del passo, dal
quale si può scendere agevolmente in valle del Ferro. |
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