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ANELLI DELLA SCALA: BREVE, MEDIO E LUNGO


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ANELLO BREVE DELLA SCALA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio di Arale-casera e lago della Scala-Baita di quota 2140-Baita della Croce-Parcheggio di Arale
4 h
810
EE
SINTESI. All’uscita della seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 impegniamo alla rotonda la terza uscita (indicazioni: Forcola 3km, Tartano 14 km). Dopo poche centinaia di metri si lascia la strada Provinciale Pedemontana Orobica per prendere a destra (strada provinciale 11) ed iniziale a salire lungo l’aspro fianco del Crap del Mezzodì. Dopo dopo 10 tornanti attraversiamo una breve galleria scavata nella roccia e ci affacciamo alla Val Tartano. Altri due tornanti sx e dx ed entriamo a Campo Tartano, uno dei due nuclei principali della valle, passando a lato della chiesa di S. Agostino (m. 1060). Proseguiamo fino a Tartano e qui imbocchiamo la strada asfaltata e poi la pista che percorre la Val Lunga, fino al suo termine, in località Arale. Parcheggiata, dunque, l’automobile poco prima della sua fine, a circa 1450 metri, e ci portiamo al ponte alla nostra destra, prendendo poi a sinistra, fino ad una coppia di baite. Alle loro spalle saliamo su un sentierino che va a destra, poi taglia in diagonale a sinistra e continua salendo a zigzag. Dopo una fascia di larici, siamo ad una baita isolata (m. 1650) alle cui spalle un sentiero sale verso destra, piega a sinistra e raggiunge una fascia di prati. Saliamo diritti e troviamo un nuovo sentierino che va a sinistra, volge a destra e porta ad una seocnda fascia di prati. Procediamo diritti, passando poco sopra una struttura di teleferica, ritroviamo il sentierino che ci porta alla parte bassa di un vallone erboso, che risaliamo prendendo a sinistra, fino alla baita di quota 1893 (segnavia). Seguendo i segnavia verso sinistra ci portiamo alla casera della Scala (m. 1978). Lasciamo i segnavia a sinistra e saliamo gradualmente ad un ripiano con una baita isolata, prendiamo a destra e saliamo al ripiano centrale con la baita di quota 2140 m., a ridosso di un roccione. Prendendo a destra scendiamo al ripiano del laghetto della Scala (m. 2100). Torniamo al ripiano centrale e scendiamo verso est-sud-est, ripassando per il ripiano con la baita isolata. Un grande ometto ci introduce ad un valloncello. Scendendo intercettiamo il sentiero che porta alla baita della Croce (m. 2040). Qui lasciamo il sentiero e scendiamo a sinistra (zapèl nel barek). Procediamo a vista scendendo diritti su un largo versante di pascoli e macereti, passiamo a sinistra e ad una certa distanza di una baita in una conca (m. 1805), scendiamo ancora diritti e in vista del limite del bosco prendiamo a sinistra, fino alla partenza di una mulattiera che attraversa la valle della Scala e riporta al prato con la baita isolata di quota 1650. Ritorniamo all'automobile per la medesima via di salita.


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L'angolo sud-occidentale della Val Lunga ospita una serie di gradoni glaciali fra i quali si dispone l'alpe della Scala, che forse deve il suo nome a questa struttura. A sud e ad ovest la valle è chiusa dalla cima di Lemma (scima de Lèma o piz del Turiùu, m. 2348: localmente è chiamata così perché assume la forma di un torrione) e dal pizzo della Scala (piz Cavàl, m. 2427). L'alpe della Scala aveva ad inizio Novecento un'estensione di 187 ettari e caricava 70 vacche lattifere, 22 manzi e 18 vitelli. Negli anni ottanta dello stesso secolo venivano censite 53 vacche in lattazione e 34 fra manze e vitelli. Venivano inoltre censite 13 baite ed una superficie di pascolo di 113 ettari. Un tempo alcuni ripiani ospitavano anche laghetti che poi hanno subito un progressivo interramento. Ne è rimasto uno solo, ed anch'esso non se la passa bene: una ragione in più per visitare l'alpeggio con una escursione ad anello che richiede esperienza escursionistica, perché nella prima parte sfrutta sentieri che a tratti non sono evidenti.


Cima di Val Lunga vista dal sentiero per la Scala

Per raggiungere il punto di partenza dobbiamo salire in Val Tartano. All’uscita della seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 impegniamo alla rotonda la terza uscita (indicazioni: Forcola 3km, Tartano 14 km). Dopo poche centinaia di metri si lascia la strada Provinciale Pedemontana Orobica per prendere a destra (strada provinciale 11) ed iniziale a salire lungo l’aspro fianco del Crap del Mezzodì. Dopo dopo 10 tornanti attraversiamo una breve galleria scavata nella roccia e ci affacciamo alla Val Tartano. Altri due tornanti sx e dx ed entriamo a Campo Tartano, uno dei due nuclei principali della valle, passando a lato della chiesa di S. Agostino (m. 1060). Proseguiamo fino a Tartano e qui prendiamo a sinistra la strada di Val Lunga. Dopo l'asfalto c'è un tratto in cemento, cui segue l'ultimo pezzo con fondo in ghiaia. All'altezza della località Arale se ne stacca sulla sinistra una pista che sale al nucleo che ospita anche i due rifugi Beniamino e Il Pirata. Noi però proseguiamo diritti ancora per un breve tratto e lasciamo l'automobile ad uno slargo sul lato sinistro (m. 1450).


Baita di quota 1650

Proseguiamo per un tratto sulla pista, in direzione della testata della valle. Poco prima del punto in cui questa svolta e torna verso Arale, vediamo un ponte alla nostra destra, che ci porta sul lato opposto (occidentale) del torrente Tartano. Prendiamo a sinistra e proseguiamo su debole traccia, sempre verso la testata della valle, fino a raggiungere una coppia di baite a quota 1550 metri. Per trovare la traccia del sentiero che sale alla Scala dobbiamo salire sulla verticale delle baite, quindi verso ovest. La traccia sale per un breve tratto verso destra, poi piega a sinistra e risale una larga fascia di prati, in diagonale, fino a portarsi in prossimità della valle della Scala, dove il torrente tributario del Tartano fa sentire la sua voce. Poi la traccia piega a destra e si avvicina ad un bosco di larici.


Apri qui una fotomappa dell'anello breve della Scala

Piega di nuovo a sinistra e prosegue zigzagando, in un boschetto di larici, fino ad uscire ad una nuova fascia di prati, in vista di una baita isolata, a quota 1650 metri circa (non è riportata sulla carta IGM; alle sue spalle si innalza lo scheletro di un larice colpito da un fulmine). Qui siamo ad un bivio: il sentiero non sale alla baita, ma piega a sinistra e procede in diagonale, per poi diventare per un tratto una larga mulattiera che attraversa la valle della Scala. Questo itinerario, che è più semplice, può essere sfruttato per il ritorno (ma, evidentemente, anche per l'andata). Vediamo la prima possibilità.


Sentiero Gavedùu-Scala

Lasciata la traccia alla nostra sinistra, saliamo alla baita isolata, cercando, alle sue spalle, un sentierino che prosegue verso destra. Non è una labile traccia, a tratti è ben lastricato, anche se la vegetazione lo tiene sotto costante assedio. Dopo una breve traversata usciamo dalla boscaglia e volgendo a sinistra approdiamo ad una fascia di prati dove non si trova nulla se non la struttura in legno che serviva una teleferica oggi in disuso., che vediamo alla nostra sinistra. Al centro di prati si trova un masso che invita alla sosta, che ci consente di godere di un ottimo colpo d'occhio, verso est, sulla Val Dordonella.
Si tratta ora di capire dove riparta la traccia, perché qui non si vede l'ombra. Saliamo in verticale sul limite alto dei prati, dove, più o meno al centro, vediamo di nuovo il sentiero che prende a sinistra, fra la boscaglia. Il sentiero volge a destra e porta ad una seconda radura, dove si trova una nuova struttura in legno della teleferica. Tagliamo i prati passando un po' alti alla sua sinistra e proseguendo diritti ritroviamo la traccia. Attraversati piccoli ruscelli siamo ad una terza e più ampia fascia di prati. Dopo un breve tratto diritto, pieghiamo leggermente a sinistra e saliamo il versante erboso, su debole traccia, fino a sbucare al limite settentrionale dei pascoli della Scala, raggiungendo la baita quotata 1893 metri, sulla quale ci sono due segnavia rosso-bianco-rossi con numerazione 117.


Casera della Scala

Abbiamo intercettato il sentiero che traversa, alto, l'intero versante occidentale della Val Lunga, passando per il sistema di alpeggi Tachèr-Gavedìi-Gavedùu. Il sentiero giunge fin qui dal Gavedùu, dopo aver tagliato una selvaggia costiera che scende verso nord-est dal pizzo della Scala (chiamata “Le Colzane”). L'ultimo tratto ce l'abbiamo proprio davanti agli occhi: a destra della baita vediamo il sentiero che supera il ripido versante grazie ad arditi muretti a secco ed una coppia di tronchi. Per la sicurezza degli escursionisti sono state collocate corde fisse, ma certo non bisogna essere facilmente impressionabili per passare di lì.


Apri qui una fotomappa dell'anello della Scala breve

Noi però andiamo in direzione contraria. Seguendo i segnavia, procediamo verso sud, quasi in piano, raggiungendo la casera della Scala (m. 1876). A valle della baita parte un sentiero che ridiscende verso il fondovalle, ma vale la pena di allungare l'escursione per conoscere meglio gli alpeggi della Scala. Proseguiamo verso sud-est seguendo i segnavia, con qualche saliscendi, fra roccette e radi larici. Ci attende però una spiazzante sorpresa: giunti al salto di una valletta, laddove in passato ci deve essere stata una passerella in legno, troviamo il nulla: di qui non si passa. Poco male. Torniamo un po' indietro e cominciamo a salire a vista il facile versante, per qualche decina di metri. Ritroviamo una traccia che va a sinistra ed attraversa il medesimo torrentello in una zona più tranquilla. Salendo gradualmente raggiungiamo una conca erbosa dove si trova una terza baita, quotata 2057 metri. Alle sue spalle si distinguono le cime della testata della Val Lunga, cioè, da sinistra, la cima Vallocci, le gemelle cima di Val Lunga e cima dei Lupi, l'elegante e piramidale cima delle Cadelle e l'arrotondato monte Valegino.


Laghetto della Scala

Proseguendo nella medesima direzione, cioè verso sud-est, troviamo un tratto singolare, un corridoio scalinato fra due roccioni (se non fosse che si tratta di pochi metri si direbbe che il nome dell'alpeggio derivi da qui). La scala ci porta ad un ripiano erboso, con un rudere di baita. Davanti a noi un torrione di roccia, il Turiùu, appunto, conosciuto sulle carte come cima di Lemma. Poco più avanti un grande ometto, posto sul limite del ripiano, si affaccia su un valloncello: memorizziamolo, perché di qui passa la via del ritorno. Prima, però, dobbiamo assolvere ad un dovere di pietà, la visita al laghetto moribondo.
Torniamo dunque indietro, saliamo leggermente a sinistra, verso ovest, portandoci al ripiano centrale dell'alpeggio, sul cui fondo, quasi a ridosso di un roccione, si trova la baita quotata 2140 metri. Qui confluiscono le acque del torrentello che scende da un vallone, che culmina nel passo della Scala, fra cima di Lemma e pizzo della Scala. La nostra metà però è diversa. Lo troviamo proseguendo verso destra, cioè verso nord: ci affacciamo al ripiano che, poco più in basso, ospita il laghetto, per due terzi occupato dagli eriofori che ne hanno decretato la morte per interramento. Una breve discesa ci porta alla riva del laghetto della Scala (m. 2100). Torniamo sui nostri passi, verso sud, risaliamo al pianoro centrale e proseguiamo scendendo verso est-sud-est all'ometto sul limite del facile valloncello. Dopo breve discesa, intercettiamo un sentiero che procede verso est-sud-est. Davanti a noi, sulla testata della valle, una croce segnala il passo di Tartano (m. 2108).


Pianori della Scala

Il sentiero porta diritto ad una baita quasi sotto la verticale del passo, la baita della Crus (m. 2040; il passo è infatti localmente chiamato “la Crus”). Ora dobbiamo lasciare il sentiero e scendere al barek (il basso muretto a secco che delimita una sezione dell'alpe) portandoci ad uno zapèl (apertura). Dobbiamo ora scendere verso nord, su un facile versante di pascoli e macereti, restando poco a sinistra di una valletta appena accennata. Dopo u primo tratto di discesa, intercettiamo il sentiero segnalato che abbiamo lasciato al salto sulla valletta senza ponte. Lo ignoriamo e proseguiamo nella discesa, diritti, sempre verso nord, e vediamo alla nostra destra, in una conca, una baita isolata (m. 1805). Non scendiamo alla baita, ma proseguiamo diritti, fino a scorgere il limite del bosco di larici.


Sentiero che scende dalla Scala

Pieghiamo ora a sinistra, puntando al limite di sinistra della fascia di prati: qui vediamo una marcata mulattiera che prende a sinistra ed attraversa il torrente della Scala, per poi raggiungere la parte alta della fascia di prati con la baita isolata di quota 1650. Ritroviamo il sentiero percorso salendo, e ci riporta sul fondovalle. Riattraversato il ponte sul Tartano, torniamo all'automobile.


Sentiero che scende dalla Scala

ANELLO MEDIO DELLA SCALA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio di Arale-Baita di quota 2140-Passo della Scala-Cima di Lemma-Passo di Tartano-Baita della Croce-Parcheggio di Arale
5-6 h
1000
EE
SINTESI.All’uscita della seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 impegniamo alla rotonda la terza uscita (indicazioni: Forcola 3km, Tartano 14 km). Dopo poche centinaia di metri si lascia la strada Provinciale Pedemontana Orobica per prendere a destra (strada provinciale 11) ed iniziale a salire lungo l’aspro fianco del Crap del Mezzodì. Dopo dopo 10 tornanti attraversiamo una breve galleria scavata nella roccia e ci affacciamo alla Val Tartano. Altri due tornanti sx e dx ed entriamo a Campo Tartano, uno dei due nuclei principali della valle, passando a lato della chiesa di S. Agostino (m. 1060). Proseguiamo fino a Tartano e qui imbocchiamo la strada asfaltata e poi la pista che percorre la Val Lunga, fino al suo termine, in località Arale. Parcheggiata, dunque, l’automobile poco prima della sua fine, a circa 1450 metri, e ci portiamo al ponte alla nostra destra, prendendo poi a sinistra, fino ad una coppia di baite. Alle loro spalle saliamo su un sentierino che va a destra, poi taglia in diagonale a sinistra e continua salendo a zigzag. Dopo una fascia di larici, siamo ad una baita isolata (m. 1650) alle cui spalle un sentiero sale verso destra, piega a sinistra e raggiunge una fascia di prati. Saliamo diritti e troviamo un nuovo sentierino che va a sinistra, volge a destra e porta ad una seconda fascia di prati. Procediamo diritti, passando poco sopra una struttura di teleferica, ritroviamo il sentierino che ci porta alla parte bassa di un vallone erboso, che risaliamo prendendo a sinistra, fino alla baita di quota 1893 (segnavia). Seguendo i segnavia verso sinistra ci portiamo alla casera della Scala (m. 1978). Lasciamo i segnavia a sinistra e saliamo gradualmente ad un ripiano con una baita isolata, prendiamo a destra e saliamo al ripiano centrale con la baita di quota 2140 m., a ridosso di un roccione. Proseguiamo seguendo il valloncello alle sue spalle, verso sud, salendo più o meno al suo centro, fino ad affacciarci ad un vallone più ampio compreso fra cima di Lemma a sinistra e pizzo della Scala a destra. Saliamo diritti per un tratto, poi, in vista della sella sul crinale seguiamo,la traccia di sentiero che risale il tratto più ripido, su terreno franoso con qualche roccetta, e porta al passo della Scala (m. 2300). Raggiunto così il crinale fra Val Lunga e Val Corta, saliamo verso sinistra portandoci in breve al crinale fra Val Tartano e Val Brembana. Lo seguiamo per breve tratto verso sinistra e siamo alla cima di Lemma (m. 2348). Scendiamo verso est, lungo il facile crinale (ci apporggiamo leggermente a destra), con ottimo colpo d'occhio sui laghi di Porcile, fino alla grande croce del Passo di Tartano (Crus, 2108). Scendiamo dal passo sul marcato sentiero che ben presto volge a destra. Non lo seguiamo ma proseguiamo diritti nella discesa, verso nord, puntando alla ben visibile e solitaria baita della Croce (m. 2040). Qui ignoriamo il sentiero che proviene dalla nostra sinistra e prosegue a destra e scendiamo ancora diritti verso nord (zapèl nel barek). Procediamo a vista scendendo diritti su un largo versante di pascoli e macereti, passiamo a sinistra e ad una certa distanza di una baita in una conca (m. 1805), scendiamo ancora diritti e in vista del limite del bosco prendiamo a sinistra, fino alla partenza di una mulattiera che attraversa la valle della Scala e riporta al prato con la baita isolata di quota 1650. Ritorniamo all'automobile per la medesima via di salita.


Panorama orientale dal sentiero che scende dalla cima di Lemma al passo di Tartano

Rispetto all'anello breve questa variante un po' più lunga (diciamo un'ora e mezza in più) prevede che alla baita isolata di quota 2140 con si traversi in leggera discesa verso sud-est, fino alla baita della Croce, ma si prosegua salendo diritti verso sud, al passo della Scala e di qui al passo di Lemma. La successiva discesa al passo di Tartano prosegue raggiungendo la baita della Croce, con chiusura dell'anello come sopra descritto. Ma vediamo la cosa un po' più in dettaglio.


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Proseguiamo, dunque, dalla baita di quota 2140 seguendo il valloncello alle sue spalle, verso sud, salendo più o meno al suo centro, fino ad affacciarci ad un vallone più ampio compreso fra cima di Lemma a sinistra e pizzo della Scala a destra. Saliamo diritti per un tratto, poi, in vista della sella sul crinale seguiamo,la traccia di sentiero che risale il tratto più ripido, su terreno franoso con qualche roccetta, e porta al passo della Scala (m. 2300). Raggiunto così il crinale fra Val Lunga e Val Corta, saliamo verso sinistra portandoci in breve al crinale fra Val Tartano e Val Brembana. Lo seguiamo per breve tratto verso sinistra e siamo alla facile ed erbosa cima di Lemma (m. 2348).


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Bellissimo il panorama dalla cima. Guardando a nord e procedendo verso destra vediamo la testata della Costiera dei Cech ed il gruppo del Masino, solo in piccola parte coperto dal monte Gàvet, in primo piano a nord. Si distinguono, così, da sinistra a destra la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) che precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della Val Pocellizzo, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Alla sua destra i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas da bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed i pizzi del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267), del Ferro centrale (m. 3287), e del Ferro orientale (m. 3200). Alla loro destra spicca la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima, seguita dalla punta Allievi (m. 3121), dalla cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri), e dalla punta Rasica (rèsga, m. 3305). I tre poderosi pizzi Torrone (turùn, occidentale, m. 3351, centrale, m. 3290, ed orientale, m. 3333) chiudono la valle omonima, che precede l’ampia Val Cameraccio, sulla cui testata si pongono il monte Sissone (sisùn, m. 3330), la punta Baroni, o cima di Chiareggio settentrionale (m. 3203), le cime di Chiareggio centrale (m. 3107 e 3093) ed il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678).


Il passo di Tartano

Scendiamo ora dalla cima verso est, lungo il facile crinale (ci apporggiamo leggermente a destra, cioè sul versante della Val Brembana), con ottimo colpo d'occhio sui laghi di Porcile, fino alla grande croce del Passo di Tartano (Crus, 2108). Al passo sono ben visibili le fortificazioni della linea difensiva allestita durante la prima Guerra Mondiale. Si tratta della linea Cadorna, predisposta nel timore che gli Austro-Ungarici violassero la neutralità svizzera ed invadessero la Valtellina passando per la Valle di Poschiavo.
Il passo non riveste però solo questo motivo di interesse storico. Da questo facile valico, per secoli, sono passati i valligiani della Val Tartano per scendere in Val Brembana e vendere i propri prodotti al mercato di Branzi. Ancora oggi la memoria di questa antica consuetudine di frequentazione trans-orobica è mantenuta viva e celebrata durante l'incontro estivo di valligiani dell'uno e dell'altro versante, che si ritrovano proprio sul passo, dove viene celebrata, a luglio, una S. Messa.
Questo luogo merita qualche approfondimento storico.
Si tratta del più facile valico, dopo il passo di San Marco, fra Valtellina e Val Brembana. Nel Medio-Evo e probabilmente anche in epoche assai anteriori fu quindi valicato da quanti transitavano dalla Bergamasca alla Valtellina. Veniva chiamato in passato, più spesso, passo di Porcile (ora questa denominazione è assegnata, dalla carta IGM, al meno agevole valico posto più ad est).


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Qualcuno ipotizza che di qui passò anche S. Barnaba, unico, fra i 12 apostoli, a predicare il Cristianesimo nelle terre dell’attuale Lombardia: a lui è infatti dedicata la chiesa patronale di Tartano. È però assai improbabile che ciò sia accaduto, così come è pura congettura che di qui sia passata la X legione Retica che al tempo della morte di Cristo in croce era di stanza in Palestina, e che quindi fu esecutrice della condanna a morte del Salvatore. È invece probabile che per questo passo siano passati gli sbandati militi al servizio della Serenissima, comandati da Giorgio Cornaro, dopo la disfatta nella battaglia di Delebio del 1432, subita ad opera delle truppe al servizio dei Visconti di Milano, con l’intervento decisivo del condottiero chiurasco Stefano Quadrio.  Il passo era, allora, presidiato da una chiesetta (misurava 4,5 x 5,5, m.), la cui data di edificazione è ignota, dedicata a S. Salvatore, prima (il che farebbe supporre che risalisse ai primi secoli dell’età cristiana, come l’omonima in Valle del Livrio di Albosaggia), a S. Sisto, poi. Si tratta del Papa Sisto V, che condusse una lotta implacabile contro i briganti nello Stato della Chiesa; la dedicazione non fu casuale: anche qui il flagello dei briganti era una delle insidie più temute da mercanti e contrabbandieri che vi passavano con tabacco, vino, castagne secche,  burro, ricotta fresca e salata, fasere, gerli, campac, formaggi quartiroli, formaggio del tipo Bitto, pecore, capre, mucche della pregiata razza bruna alpina, acquistate nelle fiere di Branzi.
La chiesetta andò in rovina; nel 1960 al suo posto venne eretta una grande croce in larice, con la partecipazione finanziaria dei comuni di Tartano, Valleve e Foppolo, che riportava la scritta “Passo di San Sisto”; è stata poi sostituita dall’attuale grande croce in metallo. Sempre nel secondo dopoguerra venne addirittura ipotizzata la costruzione di una superstrada che da Milano, passando per Bergamo, Foppolo, Tartano, Sostala, Rodolo, scendesse a Sondrio,  passando poi in Valle di Poschiavo e raggiungendo S. Moriz. Il progetto venne steso dagli ingegneri Filippo Orsatti di Sondrio, Aldo Colleoni, Giacomo Paganoni, Cristofaro Bietti e Claudio Mandelli di Bergamo. Venne costituito anche un Consorzio per sostenere il progetto, denominato "Frangar non flectar", cioè “Mi spezzerò ma non mi piegherò”, costituito in data 3 aprile 1953 con sede a Branzi. Il motto voleva esprimere la più ferma determinazione, ma, com’è ben noto, nessuna superstrada ha mai raggiunto e scavalcato il passo di Tartano. 
Ne “La storia di Tartano” Camillo Gusmeroli scrive:
Su questo crinale, dal Pizzo Torrione al Canalino del Tufo sono ancora visibili i camminamenti, le trincee ed i muri di una casermetta della capienza di due compagnie di soldati in pieno assetto di guerra, collegata, da una buona rotabile al fortino, di PASSO TARTANO, intersecandosi al Piano dei Re, scendeva al Baitone dell'alpe Saline, attraversava dolcemente lo spondone e l'alpe Fontanini di Mattina e di Sera, dove si diramava: un tronco saliva al passo Camera e l'altro, seguito il dolce degrado dell'Alpe Sessi, si diramava nuovamente: uno per il passo S. Simone che dà sul comune di Mezzoldo e l'altro scendeva alla Chiesetta di Capobrembo, tracciato ripristinato per gli impianti sciistici attuali di S. Simone. Questi colossali lavori militari, non inferiori a quelli di Passo Dordona, di Foppolo, di passo Carriera o Lemma di Valcorta, di S. Simone, Valleve-Mezzoldo, eseguiti durante la guerra 1915-1918 dal Tonale a Colico (Forte) erano stati preventivati per un eventuale rottura del Fronte italiano… Certo è che da quando il piede umano incominciò a posarsi in valle, quel passo è sempre stato punto d'incontro e passaggio di civiltà e credenze in evoluzione.”

Per chiudere l'anello scendiamo dal passo sul marcato sentiero che ben presto volge a destra. Non lo seguiamo ma proseguiamo diritti nella discesa, verso nord, puntando alla ben visibile e solitaria baita della Croce (baita de la Crus, m. 2040; il passo è infatti localmente chiamato “la Crus”). Qui ignoriamo il sentiero che proviene dalla nostra sinistra e prosegue a destra e scendiamo ancora diritti verso nord , cioè verso lo zapèl nel barek, il basso muretto a secco che delimita una sezione dell'alpe portandoci ad uno zapèl (apertura).
Proseguiamo nella discesa verso nord, su un facile versante di pascoli e macereti, restando poco a sinistra di una valletta appena accennata. Dopo u primo tratto di discesa, intercettiamo il sentiero segnalato che abbiamo lasciato al salto sulla valletta senza ponte. Lo ignoriamo e proseguiamo nella discesa, diritti, sempre verso nord, e vediamo alla nostra destra, in una conca, una baita isolata (m. 1805). Non scendiamo alla baita, ma proseguiamo diritti, fino a scorgere il limite del bosco di larici.


Sentiero che scende dalla Scala

Pieghiamo ora a sinistra, puntando al limite di sinistra della fascia di prati: qui vediamo una marcata mulattiera che prende a sinistra ed attraversa il torrente della Scala, per poi raggiungere la parte alta della fascia di prati con la baita isolata di quota 1650. Ritroviamo il sentiero percorso salendo, e ci riporta sul fondovalle. Riattraversato il ponte sul Tartano, torniamo all'automobile.


Sentiero che scende dalla Scala

ANELLO LUNGO DELLA SCALA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio di Arale-Baita di quota 2140-Passo della Scala-Cima di Lemma-Passo di Tartano-Casera di Porcile-Parcheggio di Arale
6 h
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SINTESI. All’uscita della seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 impegniamo alla rotonda la terza uscita (indicazioni: Forcola 3km, Tartano 14 km). Dopo poche centinaia di metri si lascia la strada Provinciale Pedemontana Orobica per prendere a destra (strada provinciale 11) ed iniziale a salire lungo l’aspro fianco del Crap del Mezzodì. Dopo dopo 10 tornanti attraversiamo una breve galleria scavata nella roccia e ci affacciamo alla Val Tartano. Altri due tornanti sx e dx ed entriamo a Campo Tartano, uno dei due nuclei principali della valle, passando a lato della chiesa di S. Agostino (m. 1060). Proseguiamo fino a Tartano e qui imbocchiamo la strada asfaltata e poi la pista che percorre la Val Lunga, fino al suo termine, in località Arale. Parcheggiata, dunque, l’automobile poco prima della sua fine, a circa 1450 metri, e ci portiamo al ponte alla nostra destra, prendendo poi a sinistra, fino ad una coppia di baite. Alle loro spalle saliamo su un sentierino che va a destra, poi taglia in diagonale a sinistra e continua salendo a zigzag. Dopo una fascia di larici, siamo ad una baita isolata (m. 1650) alle cui spalle un sentiero sale verso destra, piega a sinistra e raggiunge una fascia di prati. Saliamo diritti e troviamo un nuovo sentierino che va a sinistra, volge a destra e porta ad una seconda fascia di prati. Procediamo diritti, passando poco sopra una struttura di teleferica, ritroviamo il sentierino che ci porta alla parte bassa di un vallone erboso, che risaliamo prendendo a sinistra, fino alla baita di quota 1893 (segnavia). Seguendo i segnavia verso sinistra ci portiamo alla casera della Scala (m. 1978). Lasciamo i segnavia a sinistra e saliamo gradualmente ad un ripiano con una baita isolata, prendiamo a destra e saliamo al ripiano centrale con la baita di quota 2140 m., a ridosso di un roccione. Proseguiamo seguendo il valloncello alle sue spalle, verso sud, salendo più o meno al suo centro, fino ad affacciarci ad un vallone più ampio compreso fra cima di Lemma a sinistra e pizzo della Scala a destra. Saliamo diritti per un tratto, poi, in vista della sella sul crinale seguiamo,la traccia di sentiero che ridsale il tratto più ripido, con qualche roccetta, e porta al passo della Scala (m. 2300). Raggiunto così il crinale fra Val Lunga e Val Corta, saliamo verso sinistra portandoci in breve al crinale fra Val Tartano e Val Brembana. Lo seguiamo per breve tratto verso sinistra e siamo alla cima di Lemma (m. 2348). Scendiamo verso est, lungo il facile crinale (ci apporggiamo leggermente a destra), con ottimo colpo d'occhio sui laghi di Porcile, fino alla grande croce del Passo di Tartano (Crus, 2108). Scendiamo dal passo sul marcato sentiero che ben presto volge a destra, verso nord-est e, girato un costone, intercetta il frequentatissimo sentiero per i laghi di Porcile (che restano un po' più alti, alla nostra destra: con una quarantina di minuti di aggravio possiamo salire a visitare il lago Grande, m. 2030, passando a sinistra del lago Piccolo). Seguiamo ora il sentiero in discesa, verso sud, piegando leggermente a destra e ragigungendo il ripiano con le tre baita cartografate come Casera di Porcile (m. 1863). Non tagliamo a destra verso le baite ma guadiamo il torrente su alcune pietre e proseguiamo verso nord sul marcato sentiero che, restando a destra del torrente, con qualche svolta scende lungo un dosso boscoso, uscendo all'aperto per superare su un ponticello in cemento il torrente della Val Dordonella, La discesa prosegue diritta verso nord-nord-ovest, con tratti in piano e tratti ripidi. Superata un'ultima macchia di abeti e larici il sentiero intercetta la pista sterrata che sale ad Arale. Seguendola in discesa verso sinistra torniamo al parcheggio di Arale (m. 1450).


Panorama orientale dal sentiero che scende dalla cima di Lemma al passo di Tartano

Quest'ultima possibilità, infine, rappresenta una variante un po' più lunga di quello intermedio, nel senso che dal passo di Tartano non scendiamo per via diretta alla baita della Croce, ma seguiamo il marcato sentiero che traversa in direzione nord-est (destra) innestandosi nel frequentatissimo sentiero per i laghi di Porcile (che restano un po' più alti, alla nostra destra). Seguendolo in discesa torniamo così al parcheggio di Arale, passando per le tre baita cartografate come Casera di Porcile.
Ma vediamo la cosa un po' più in dettaglio.


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Proseguiamo, dunque, dalla baita di quota 2140 seguendo il valloncello alle sue spalle, verso sud, salendo più o meno al suo centro, fino ad affacciarci ad un vallone più ampio compreso fra cima di Lemma a sinistra e pizzo della Scala a destra. Saliamo diritti per un tratto, poi, in vista della sella sul crinale seguiamo,la traccia di sentiero che risale il tratto più ripido, su terreno franoso con qualche roccetta, e porta al passo della Scala (m. 2300). Raggiunto così il crinale fra Val Lunga e Val Corta, saliamo verso sinistra portandoci in breve al crinale fra Val Tartano e Val Brembana. Lo seguiamo per breve tratto verso sinistra e siamo alla facile ed erbosa cima di Lemma (m. 2348).


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Bellissimo il panorama dalla cima. Guardando a nord e procedendo verso destra vediamo la testata della Costiera dei Cech ed il gruppo del Masino, solo in piccola parte coperto dal monte Gàvet, in primo piano a nord. Si distinguono, così, da sinistra a destra la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) che precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della Val Pocellizzo, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Alla sua destra i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas da bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed i pizzi del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267), del Ferro centrale (m. 3287), e del Ferro orientale (m. 3200). Alla loro destra spicca la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima, seguita dalla punta Allievi (m. 3121), dalla cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri), e dalla punta Rasica (rèsga, m. 3305). I tre poderosi pizzi Torrone (turùn, occidentale, m. 3351, centrale, m. 3290, ed orientale, m. 3333) chiudono la valle omonima, che precede l’ampia Val Cameraccio, sulla cui testata si pongono il monte Sissone (sisùn, m. 3330), la punta Baroni, o cima di Chiareggio settentrionale (m. 3203), le cime di Chiareggio centrale (m. 3107 e 3093) ed il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678).


Il passo di Tartano

Scendiamo ora dalla cima verso est, lungo il facile crinale (ci apporggiamo leggermente a destra, cioè sul versante della Val Brembana), con ottimo colpo d'occhio sui laghi di Porcile, fino alla grande croce del Passo di Tartano (Crus, 2108). Al passo sono ben visibili le fortificazioni della linea difensiva allestita durante la prima Guerra Mondiale. Si tratta della linea Cadorna, predisposta nel timore che gli Austro-Ungarici violassero la neutralità svizzera ed invadessero la Valtellina passando per la Valle di Poschiavo.
Il passo non riveste però solo questo motivo di interesse storico. Da questo facile valico, per secoli, sono passati i valligiani della Val Tartano per scendere in Val Brembana e vendere i propri prodotti al mercato di Branzi. Ancora oggi la memoria di questa antica consuetudine di frequentazione trans-orobica è mantenuta viva e celebrata durante l'incontro estivo di valligiani dell'uno e dell'altro versante, che si ritrovano proprio sul passo, dove viene celebrata, a luglio, una S. Messa.
Questo luogo merita qualche approfondimento storico.


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Si tratta del più facile valico, dopo il passo di San Marco, fra Valtellina e Val Brembana. Nel Medio-Evo e probabilmente anche in epoche assai anteriori fu quindi valicato da quanti transitavano dalla Bergamasca alla Valtellina. Veniva chiamato in passato, più spesso, passo di Porcile (ora questa denominazione è assegnata, dalla carta IGM, al meno agevole valico posto più ad est).
Qualcuno ipotizza che di qui passò anche S. Barnaba, unico, fra i 12 apostoli, a predicare il Cristianesimo nelle terre dell’attuale Lombardia: a lui è infatti dedicata la chiesa patronale di Tartano. È però assai improbabile che ciò sia accaduto, così come è pura congettura che di qui sia passata la X
legione Retica che al tempo della morte di Cristo in croce era di stanza in Palestina, e che quindi fu esecutrice della condanna a morte del Salvatore. È invece probabile che per questo passo siano passati gli sbandati militi al servizio della Serenissima, comandati da Giorgio Cornaro, dopo la disfatta nella battaglia di Delebio del 1432, subita ad opera delle truppe al servizio dei Visconti di Milano, con l’intervento decisivo del condottiero chiurasco Stefano Quadrio.  Il passo era, allora, presidiato da una chiesetta (misurava 4,5 x 5,5, m.), la cui data di edificazione è ignota, dedicata a S. Salvatore, prima (il che farebbe supporre che risalisse ai primi secoli dell’età cristiana, come l’omonima in Valle del Livrio di Albosaggia), a S. Sisto, poi. Si tratta del Papa Sisto V, che condusse una lotta implacabile contro i briganti nello Stato della Chiesa; la dedicazione non fu casuale: anche qui il flagello dei briganti era una delle insidie più temute da mercanti e contrabbandieri che vi passavano con tabacco, vino, castagne secche,  burro, ricotta fresca e salata, fasere, gerli, campac, formaggi quartiroli, formaggio del tipo Bitto, pecore, capre, mucche della pregiata razza bruna alpina, acquistate nelle fiere di Branzi.
La chiesetta andò in rovina; nel 1960 al suo posto venne eretta una grande croce in larice, con la partecipazione finanziaria dei comuni di Tartano, Valleve e Foppolo, che riportava la scritta “Passo di San Sisto”; è stata poi sostituita dall’attuale grande croce in metallo. Sempre nel secondo dopoguerra venne addirittura ipotizzata la costruzione di una superstrada che da Milano, passando per Bergamo, Foppolo, Tartano, Sostala, Rodolo, scendesse a Sondrio,  passando poi in Valle di Poschiavo e raggiungendo S. Moriz. Il progetto venne steso dagli ingegneri Filippo Orsatti di Sondrio, Aldo Colleoni, Giacomo Paganoni, Cristofaro Bietti e Claudio Mandelli di Bergamo. Venne costituito anche un Consorzio per sostenere il progetto, denominato "Frangar non flectar", cioè “Mi spezzerò ma non mi piegherò”, costituito in data 3 aprile 1953 con sede a Branzi. Il motto voleva esprimere la più ferma determinazione, ma, com’è ben noto, nessuna superstrada ha mai raggiunto e scavalcato il passo di Tartano. 
Ne “La storia di Tartano” Camillo Gusmeroli scrive:
Su questo crinale, dal Pizzo Torrione al Canalino del Tufo sono ancora visibili i camminamenti, le trincee ed i muri di una casermetta della capienza di due compagnie di soldati in pieno assetto di guerra, collegata, da una buona rotabile al fortino, di PASSO TARTANO, intersecandosi al Piano dei Re, scendeva al Baitone dell'alpe Saline, attraversava dolcemente lo spondone e l'alpe Fontanini di Mattina e di Sera, dove si diramava: un tronco saliva al passo Camera e l'altro, seguito il dolce degrado dell'Alpe Sessi, si diramava nuovamente: uno per il passo S. Simone che dà sul comune di Mezzoldo e l'altro scendeva alla Chiesetta di Capobrembo, tracciato ripristinato per gli impianti sciistici attuali di S. Simone. Questi colossali lavori militari, non inferiori a quelli di Passo Dordona, di Foppolo, di passo Carriera o Lemma di Valcorta, di S. Simone, Valleve-Mezzoldo, eseguiti durante la guerra 1915-1918 dal Tonale a Colico (Forte) erano stati preventivati per un eventuale rottura del Fronte italiano… Certo è che da quando il piede umano incominciò a posarsi in valle, quel passo è sempre stato punto d'incontro e passaggio di civiltà e credenze in evoluzione.”

Scendiamo dal passo sul marcato sentiero ("sentér de la Crus de Purscìl") che ben presto volge a destra, verso nord-est e, girato un costone, intercetta il frequentatissimo sentiero per i laghi di Porcile (che restano un po' più alti, alla nostra destra: con una quarantina di minuti di aggravio possiamo salire a visitare il lago Grande, m. 2030, passando a sinistra del lago Piccolo).


La Val Lunga vista dai prati dell'alpe Porcile

Seguiamo ora il sentiero in discesa, verso sud, passando per la baita "Baita del Zapèl del Làres", cioè la baita dello zapèl (porta, passaggio stretto, intaglio) del larice, quotata 1900 metri sulla carta IGM. Se sostiamo a riposare e guardiamo a nord, vediamo il pizzo Badile ed alla sua destra i pizzi Cengalo e Gemelli. Scendiamo ancora su un dosso erboso e piegando leggermente a destra raggiungiamo il bordo occidentale del ripiano con le tre baita cartografate come Casera di Porcile (m. 1863).
Non tagliamo a destra verso le baite ma guadiamo il torrente su alcune pietre e proseguiamo verso nord sul marcato sentiero che, restando a destra del torrente, con qualche svolta scende lungo un dosso boscoso, uscendo all'aperto per superare su un ponticello in cemento il torrente della Val Dordonella, La discesa prosegue diritta verso nord-nord-ovest, con tratti in piano e tratti ripidi. Superata un'ultima macchia di abeti e larici il sentiero intercetta la pista sterrata che sale ad Arale. Seguendola in discesa verso sinistra torniamo al parcheggio di Arale (m. 1450).


Sentiero per Arale

CARTA DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE MAP (FAIR USE)

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