Giorni notevoli: Corpus Domini, 11, 15, 24, 29

CORPUS DOMINI

Franco Dioli, in "Caspoggio nel secondo millennio" (ed. Unione della Valmalenco, 2004), scrive:
"Tutti gli anni, il giorno del Corpus Domini, dopo la messa cantata delle dieci, Messa Grande, si svolgeva la solenne processione con il Santissimo. Partendo dalla chiesa, si attraversava la contrada Centro Fuori e Centro Dentro (ora via E. Dioli) fino al grande lavatoio; si proseguiva sulle strade di campagna fino al capitèl del Ruchìn (Matiùn), dove si faceva una sosta ed il sacerdote impartiva la solenne benedizione col Santissino. Da lì si proseguiva lungo una strada di campagna fino al capitèl del Cida ed anche qui veniva impartita la benedizione. Si proseguiva lungo la strada del Cida fino al capitèl de l'Agata dove veniva di nuovo impartita la benedizione solenne. Quindi, percorrendo la via Bracelli (ora via Don Gatti), si ritornava in chiesa. La suggestione di questa processione stava nella coreografia che l'accompagnava. Le case che si trovavano lungo il percorso e le strade erano pavesate per le grandi occasioni: appesi a corde, sulle pareti e sui davanzali, facevano bella mostra di sé drappi, festoni, coperte ricamate, lenzuola, veli, mazzi di fiori di ogni colore, ceri, lumini, candele e statuette di santi che, nel loro insieme, creavano una lunga galleria variopinta e festosa.
La processione stessa, nel suo insieme, era un'armonica e festosa coreografia in movimento. L'ordine della processione era rigorosamente stabilito: uno stendardo davanti; i bambini del catechismo assistiti dai loro catechisti; gli uomini; i confratelli con l'abito rosso, con il loro crocifisso e lo stendardo; i bambini e le bambine della Prima Comunione, vestiti da paggetti ed il lungo abito bianco, con i cestini pieni di petali di fiori che gettavano sulla strada; il baldacchino portato dai confratelli e sotto il sacerdote che reggeva il Santissimo, preceduto e seguito dai portatori dei ceri e delle lanterne; le bambine del catechismo; le figlie di Maria con velo bianco; le consorelle col grande fazzoletto bianco e per ultime le donne; e lungo il corteo gli stendardi delle varie associazioni religiose
."

[Torna all'indice]

11 GIUGNO

Si celebra oggi la memoria di San Barnaba, rappresentato con una verga. E' protettore dei minatori. Si celebra oggi anche la festa patronale di Tartano.

Se ‘l ciöf ‘l dé de San Barnabà, tö sö ‘l frescùn e van a ca’ (se piove il giorno di san Barnaba, togli i pali dei fagioli e torna a casa – Valmalenco)

A San Barnabà streppa 'l fasulè e pòrtel a cà
(a san Barnaba strappa le piante di fagioli e portale a casa)

A san Barnabà el te cunvé taià el prà
(a san Barnaba ti conviene tagliare il prato)

Se 'l piöf al dí de san Barnabà tö sü i frašcùun e va a to ca
(se piove il giorno di s. Barnaba prendi i tutori delle piante di fagiolo e va' a casa tua, perché di fagioli non ne verranno - Villa di Chiavenna)

15 GIUGNO

Si celebra oggi la memoria dei santi Vito e Modesto.

A Sant Vitu e Mudèst l'è pecc l'acqua di tempèst
(a san Vito e Modesto è peggio l'acqua della tempesta - Montagna)

Se ‘l
piöf a san Vito e Modèst, l'è pec’ che 'l tempèšt
(se piove a s. Vito e Modesto è peggio l'acqua che la grandine - Villa di Tirano)

Se ‘l piöf al di de san Modèst la
früä la va tutta in molèšt
(se piove l giorno di san Modesto il raccolto va tutto in malora - Villa di Chiavenna)

Giurgét, Marchét, Crusét el furma n'invernét, dopo al vé san Vitìn che l'è al pegiurìn

(S. Giorgio, S. marco e Santa Croce formano un piccolo inverno, poi viene san Vito che è un piccolo peggioramento - Castione)

[Torna all'indice]

24 GIUGNO

Ricorrenza di San Giovanni battista e festa patronale di Lanzada.
Nella prefazione di Remo Bracchi al “Dizionario etimologico grosino”, di Gabriele Antonioli e Remo Bracchi (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio), leggiamo:
"Un altro cardine dell'anno era fissato nel solstizio d'estate, anch'esso coagulatosi intorno alla festa cristiana di san Giovanni (24 giugno). Esso segna il momento in cui il giorno è al culmine della propria espansione e la notte alla sua contrazione massima. Gli statuti fissavano questa data come termine ultimo per l'inizio della monticazione e il latte munto in tale giorno spettava al vescovo di Como per un antico diritto feudale.
La notte che precede la solennità è quella in cui le streghe si danno convegno nei luoghi più impervi e più scabri. È tradizione che proprio in essa si devono raccogliere alcune erbe, che poi avranno una virtù curativa di grandissima efficacia. Con la rugiada caduta prima dell'alba ci si lavavano gli occhi. In alcune parti ci si rotolava nudi nell'erba impregnata di gocce. A Bormio si riteneva che la focaccia impastata con la rugiada di questa festività guarisse dall'epilessia.
In Lombardia e altrove il "baco delle ciliegie" è detto gianìn o gianèt, "Giovannino", perché si pensa che si annidi nella drupa proprio col favore delle tenebre della notte di mezza estate. Il vermiciattolo diventa così una metamorfosi delle streghe che si librano nell'aria prima della luce.
A Grosio il 24 giugno si torcono le piantine dell'aglio, perché possano svilupparsi più vigorosamente nel bulbo
."

Si credeva, dunque, che nella notte di San Giovanni, ritenuta la più corta dell'anno, le forze delle tenebre passassero, per così dire, alla controffensiva ed approfittassero delle poche ore di buio per scatenare nei luoghi più impervi e remoti i terribili sabba per non soccombere. Si credeva anche che in quella notte streghe e stregoni mettessero nei frutti che maturavano sugli alberi i bachi, chiamati popolarmente, per questo, "giuanìn" o anche "gianètt".
Questa notte appare nell'immaginario popolare circonfusa di un alone particolarissimo, magico ed ambivalente: l'oscurità è ridotta ai suoi minimi termini, ma proprio da qui comincia una lenta rimonta che segnerà tutti i sei mesi successivi. Così, ad esempio, a Sacco, come racconta Serafino Vaninetti nel volume "Sacco", nella "nòcc de Sant Giuvàn... si metteva fuori dalla finestra un bicchiere d'acqua con dentro la chiara d'uovo. Al mattino seguente si guardava attraverso la trasparenza del bicchiere le figure formatesi nella notte: a secondo della loro forma si potevano avere indicazioni sul futuro, sul fidanzamento, data di matrimonio e denari."
A Bormio, infine, era viva la credenza, come riporta Glicerio Longa nella sua opera "Usi e costumi del bormiese", secondo la quale la rugiada della notte di San Giovanni avesse proprietà particolarissime: la farina impastata con essa veniva, infatti, cotta e somministrata ai malati di "mal cadùc" (male caduco, epilessia), come potente rimedio.

‘l bèl temp de San Giuàn ‘l ména gram
(il bel tempo di san Giovanni non porta bene – Valmalenco)

Sa 'l plof at dì da San Giuàn, tüti li niscioli li fan al can
(se piove il giorno di San Giovanni tutte le nocciole si guastano - Poschiavo)

Se 'l piöf par San Giuànn, ul söcc al fà pòoch dagn
(se piove il giorno di san Giovanni, la siccità fa pochi danni)

Se ‘l piöv a san Giuàn, el sücc el fa pòch dann
(se piove il giorno di san Giovanni la siccità fa pochi danni)

Se la sùcia la végn prima de san Giuàn, la végn sempre a minór dàgn (se la siccità viene prima di San Giovanni, fa sempre meno danni - Grosio)

A San Giuàn al tàca anca al pè de'n scàgn

(a san Giovanni attecchisce anche il piede di uno sgabello - Grosio)

A san Giuàn tö la cùnca e vàn, a san Bartulumé tö la cùnca e turna indré
(a san Giovanni prendi la conca dell’alpeggio e vai, a san Bartolomeo prendi la conca e torna al paese – Montagna)

San Gioàn al farà veder l’ingàn

(San Giovanni smaschererà l’inganno nel gioco – Bormio)

La camamèllä par ès bunà l’ha da ciapà la rosàdä de san ğvan

(la camomilla per essere efficace deve prendere la rugiada di s. Giovanni - Villa di Chiavenna)

Sant'Antòni e San Giuànn, tuca tèra sensa fa dagn

(Sant'Antonio e San Giovanni, tocca terra senza far danni - lo si diceva quando si faceva accidentalmente rotolare qualche sasso - Selve)

[Torna all'indice]

29 GIUGNO

Festa dei santi Pietro e Paolo, e festa parrocchiale di Tresivio, Morbegno, Dubino, Aprica e Cataeggio.

Nella “Guida escursionistica della Valchiavenna” (edizioni Rota, Chiavenna, 1986), leggiamo:
“La barchéta de San Péder.
La sera della vigilia di S. Pietro (28 giugno), i ragazzi usavano mettere l'albume di un uovo in un fiasco o in una bottiglia pieni d'acqua, che poi tappavano accuratamente. I recipienti venivano lasciati tutta la notte alla finestra, o nell'orto sotto casa. La mattina seguente, il miracolo. L'albume durante la notte si era sfilacciato e aveva assunto una forma paragonabile a quella di un veliero. È evidente il riferimento alla barca di S. Pietro, la cui festa era celebrata nei paesi con particolare solennità.”

Scrive Tullio Urangia Tazzoli  in “La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, (Anonima Bolis Bergamo, 1935):
La kaseràda di Mort si faceva a S. Pietro (29 giugno) nelle zone alte, al principio dell'alpeggio, per propiziarsi l'aiuto dei defunti appunto durante l'alpeggio stesso. Il ricavato della rendita del formaggio andava appunto in funzioni per propriziarsi le anime del purgatorio. La kaseràda di Mort, come già accennammo, si faceva, anche, in gennaio o febbraio per avere l'aiuto dei defunti. Oggi sono andate e l'una e l'altra in disuso forse per economia...”

El dì de San Péder se catta i scirés
(il giorno di San Pietro si raccolgono le ciliegie - Castione)

[Torna all'indice]

PROVERBI

Arriva il tempo del primo fieno...

Giögn el slarga 'l pögn (giugno allarga il pugno - Sirta)

Giögn, la ranza in pögn (giugno, la falce in pugno - Sirta)

Giügn la folsc in pügn (giugno, la falce in pugno - Fraciscio)

In giügn avriss al pügn! (in giugno apri il pugno! - Poschiavo)

...e prosegue quello delle semine.

De giügn sachét e pügn
(a giugno sacchetto con i semi e pugno per seminarli - Villa di Chiavenna)

In giügn el purétt al ghe rüa a fa giù l'òrt anch'se l'è ün pastrügn
(a giugno il poveretto riesce a coltivare l'orto anche se è un pasticcione - Montagna)

A sumnà de marz e de giügn al sbaglia nigün
(a seminare in marzo o in giugno non sbaglia nessuno – Montagna)

Ecco le prime raccolte...

Un buu vént de marz, una bóna acqua d'aprìl, un bun sùu de macc', una bona racòlta de giögn el val püssée che gnànca l'òr del car de Salumun (un buon vento a marzo, una buona acqua ad aprile, un buon sole a maggio, una buona raccolta a giugno valgono più dell'oro del carro di Salomone)

...e qualcuno raccoglie senza aver seminato!

A giögn dàa i àsegn gròss mui uederà prumòss
(a giugno vedremo promossi anche i grossi asini - Sirta)

Fa caldo, ma non aver fretta di metterti leggero.

Fin el 40 da madg, nu trar ora i sdratc (fino al quarantesimo giorno dall'inizio di maggio non toglierti i vestiti - Val Bregaglia)

?

Giügn l’è ün pastrügn, cum'al tröva al laga
(giugno è un pasticcione, come trova, lascia - Montagna)

[Torna all'indice]

Da "Lombardia" (nella collezione almanacchi regionali diretta da R. Almagià), Paravia, Milano, Torino, Firenze, Roma, 1925:



[Torna all'indice]

La riproduzione della pagina o di sue parti è consentita previa indicazione della fonte e dell'autore
(Massimo Dei Cas, www.paesidivaltellina.it)